venerdì 11 ottobre 2013

Recensione "The Ivy" su Music Addiction

di Francesco munista

The Great Saunites sono il duo psichedelico lodigiano formato da Atros (basso, chitarra, tastiere, voci) e Leonard Kandur Layola (batteria, chitarra, tastiere, effetti, curatore del progetto Lucifer Big Band), ovvero Marcello Groppi e Angelo Bignamini. Per questo nuovo lavoro (il quinto dal 2010) intitolato “The Ivy” si avvalgono della registrazione e del mixing di Luca Ciffo (Fuzz Orchestra) e della masterizzazione di Riccardo Gamondi (Uochi Toki). Il risultato non si discosta molto dall’universo stoner-math-folk-psych-wave costruito (o decostruito) negli ultimi anni, ma brilla se paragonato al nuovo trend di psichedelica occulta che sembra entusiasmare sempre più critici e ascoltatori. I TGS sono dei giovani veterani, hanno inaugurato il loro rito pagano di wah, fuzz, math-rock e trance elettrica in tempi non sospetti e non temono confronti. Per di più suonano semplici, diretti, immediati. Floydiani quanto basta (“Bottles&Ornaments” cita “Echoes” con stile e dignità), Tortoisiani per difetto.
Ma torniamo indietro, all’apertura del disco segnato da “Cassandra”, un brano rock fuzzato e storto che riesce a tenere insieme stoner anni ’90, stooges-sound anni ‘70 e acid anni ’60. In “Medjugorje” il wah impazza e si contorce in (e sul) basso per otto minuti di ossessione tribale. “Ocean Raves” vira sull’acustico e il bucolico. I quasi venti minuti della finale “The Ivy” rappresentano il viaggio puramente psichedelico, armosferico, che tiene insieme Sleep e MC5, Death in June e Nick Cave, Tortoise e Can. Sarà proprio questo il brano che consoliderà il legame della band con la scena occulta italiana (Cannibal Movie, La Piramide di Sangue e soci). Sarà il brano che mostrerà dal vivo quanto sono bravi a creare suggestioni, a deviarle gradualmente o drasticamente, dal punto A al punto B. Dal rock matematico rimandato a settembre al prog favolistico suonato da un’orchestra di due.

 http://www.musicaddiction.it/recensioni/album-nuove-uscite/the-great-saunites-the-ivy-bloody-sound-fucktory-il-verso-del-cinghiale-2013/

mercoledì 28 agosto 2013

Review of "The IvY" on EVILSPONGE

written by PostLibyan

The Great Saunites are a duo from Italy who make odd music that is a kind of jazzy and kind of math-rock-ish at times. And you know how odd Italian bands like EvilSponge, so of course they sent us a promo.
And it's really pretty good. It is a little weird, but it takes classic math rock (think early Rodan), Krautrock (especially Can), and late 60s psychedelic and mixes it all together. I guess the closest thing that compares is Tortoise, but The Great Saunites are far more spastic.
The thing is, the band is a duo, and i am not sure how that works out musically. There is prominent drumming, so someone is doing that. Then there is guitarwork, spastic and grinding along, so someone is doing that. Then most of the songs also layer in organ drones. Who plays the organ? Is that sequenced? Is the drummer playing one hand on the drums and one on the organ? I can't visualize this... But i guess i am thinking of a live performance. In the studio, sure they can record one part then layer in the other.
Anyway, i find that a little odd.
There are five songs in about 38 minutes here. Let's examine them.
The whole release starts with an awesome guitar riff in Cassandra. The guitar is slightly distorted and bluesy, like something Tommy Iommi would have played on the first couple of Black Sabbath Records. The guitar positively squeals its way through this, backed by a steady drum beat and a subtle organ drone. The overall effect is of some acid-addled late 60s freakout, man!
A sample of chanting in a foreign language kicks of Medjugorje. Shortly a distorted guitar riff is layered over, grinding under some fuzzy distortion. The drums kick in, spastic, feverish, and the organ drone is back. The band jams on this for eight minutes, guitar and organ and percussion going all over the place.
Bottles & Ornaments starts with a some kind of distorted reversed voice bit, organ drone, and the guitar playing long bluesy notes like something from early Pink Floyd. Drumming thumps in and out of this mind trip of a tune, which kind of floats around for just over three and a half minutes. The Great Saunites follow up with another short tune, Ocean Raves, this one just an acoustic guitar playing away, strummed and plinked.
And then we have the album’s closer, The Ivy which clocks in at 19:51. It is not the noodley 20 minute type of song that Landing do, but 20 minutes of steady progression, the various parts looping around each other, drums, guitar, keyboards all circling. It's pretty a pretty fascinating jam. After 10 minutes, a voice comes in, and the song becomes vaguely gothy, with really intense drumming! And then it goes through a period where the keys are doing improv jazz, just seemingly random noise stuff, and then it all wraps up with some Pink Floyd-ish strumming similar to the previous tune. A pretty fascinating progression, and the Great Saunites really make it work.
Overall, this is pretty interesting. It is kind of mathy, kind of psychedelic, and kind of jazzy all at the same time. It will not appeal to everyone, but it is pretty diffferent. I would say that i haven't heard anything exactly like this before, and that is saying something. They manage to pull it off too.

http://www.evilsponge.org/albums/GreatSaunites__Ivy.htm

domenica 11 agosto 2013

Intervista TGS per ONDAROCK

di Michele Saran


Uno scambio di chiacchiere con Marcello e Angelo, il duo di cui si compone la realtà Great Saunites, alla scoperta della loro nascita, del loro variegato modo di comporre, della loro forma-suite, della tarda psichedelia storica. E della nuova distribuzione digitale.

Ciao ragazzi e benvenuti nella nostra webzine. Quando comincia di preciso la vostra storia?

Marcello: The Great Saunites nasce nel 2008, credo fosse settembre di quell’anno.

Come vi siete incontrati e quali presupposti - se ve ne sono stati - avete posto prima di iniziare a suonare e registrare?
M.: In realtà avevamo già suonato insieme, nei Linda Gruber. La storia è abbastanza un classico, eravamo entrambi sfiduciati per come si erano concluse le rispettive precedenti esperienze musicali, diciamo che in quel momento è nata l’idea di tentare qualcosa di diverso e di  metterci in gioco. Alla soglia dei 30 anni ci sentivamo più giovani di quando ne avevamo 20 e di “mettere la testa a posto” non se ne parlava proprio. Presupposti? Serietà nel portare avanti il progetto e nessuna velleità personale, si può dire che abbiamo sposato il concetto di gruppo nella più forte accezione del termine.

Parlami, più in specifico, di come è nato il vostro interplay.
M.: Affinità musicali ce ne sono sempre state, come gruppo la nostra storia è inevitabilmente segnata dalla scelta di Layola (nick di Angelo Bignamini, ndr), da sempre chitarrista, di passare alla batteria. L’interazione musicale che ne è derivata è stata del tutto originale, frutto di jam in sala prove caratterizzate da un entusiasmo quasi primitivo.

L’umore psichedelico che vi contraddistingue, a tratti granitico e compatto e a tratti invece molto variabile e decostruito, si è sviluppato spontaneamente dalle vostre interazioni o l’avete pianificato in origine?
M.: Pianificato è una parola grossa, posso però dirti con certezza che The Great Saunites nella nostra testa è sempre stato un progetto non immediato, abbiamo sempre cercato di creare qualcosa che potesse arrivare all’ascoltatore in maniera non lineare, che richiedesse uno sforzo. Da questo punto di vista posso affermare che abbiamo pianificato un percorso che può rientrare nel concetto di psichedelia, il resto l’ha fatto spontaneamente l’alchimia che si è creata tra il basso e la batteria.

Hai citato prima “Layola”: nel vostro secondo disco “Delay Jesus” vi ribattezzate, o meglio nascondete le vostre identità in nick come Leonard Kandur Layola e Atros Al D. Come mai queste scelte? Cosa vogliono dire?
M.: In tutti i nostri dischi utilizziamo quei due nick ma risulterei bugiardo se ti dicessi che alla base ci sta un ragionamento sopraffino. In realtà per noi è una sorta di consuetudine un po’ grottesca e forse deriva dal fatto che vedere scritti i nostri nomi reali rischierebbe di darci un tono e un’identità che sicuramente sentiamo di non meritare.

La vostra è una propensione alle tracce lunghe, anche se non mancano esperimenti più brevi. E’ dunque questo il vostro format ideale?
M.: Abbiamo composto diversi brani di lunga durata, in particolare la nostra è stata una sorta di trilogia della suite. “Isaiah”, “Delay Jesus ‘68” e “The Ivy” sono tre dei brani di cui andiamo più fieri e che pensiamo ci rappresentino appieno, nonostante abbiano avuto una gestazione del tutto differente l’uno dall’altro. Più in generale il brano lungo ci consente di indugiare su quel senso di “straniamento”, a noi tanto caro, che ci porta a variare il mood del pezzo in maniera totale lungo tutta la sua durata, questo senza dover rinunciare alla ripetizione ipnotica del riff e del ritmo, che serve a noi per provare piacere. Ma anche all’ascoltatore per decidere se andarsene o lasciarsi trasportare insieme a noi.

Proprio la lunga “The Ivy”, la suite che dà il titolo al vostro ultimo disco, è il vostro apice, anche come durata. Come l’avete concepita? Come avete disegnato i suoi tratti tanto complessi quanto incalzanti?
M.: Anzitutto grazie, anche noi pensiamo possa essere un piccolo punto di arrivo per la band. “The Ivy” è un brano nel quale confluisce tutta la nostra musica e la nostra passione musicale. Per quanto riguarda il concepimento, tutto è nato dall’idea del collage sonoro…siamo entrambi grandi fan dei Faust e con “The Ivy” volevamo andare in quella direzione: una commistione di riff granitici e parti più free form. Questo brano inoltre segna per noi un ritorno massiccio alla fase di arrangiamento in studio, aspetto che avevamo un po’ accantonato dopo l’esperimento fatto con il brano “Isaiah” dal nostro primo album.

Dal primo “TGS”, interamente autoprodotto, colpisce appunto - tra le altre cose - il lungo, dissonante intermezzo di “Isaiah”. Da dove vi è venuto?
M.: E’ stato interamente improvvisato in studio su una traccia base di basso che doveva essere nelle nostre intenzioni una divagazione un po’ rumoristica e sfilacciata. La chitarra dal mood raga indiano e le tastiere sono state totalmente improvvisate sul momento e hanno inconsapevolmente dato una direzione al brano opposta a quella che avevamo in testa. Credo che non riusciremo mai a rifare “Isaiah” com’è venuta in quella registrazione. Sicuramente è il brano migliore che abbiamo mai composto.

In “Delay Jesus” avete lasciato perdere l’apporto vocale. Lo considerate un di più non così essenziale o semplicemente il vostro suono ha intrapreso direzioni differenti con quel disco?
M.: L'apporto vocale non è stato assolutamente accantonato se consideri che in “The Ivy” ci sono dei brevi intermezzi e anche nello split con la Lucifer Big Band (2012, ndr) c’è un brano, “Black City”, caratterizzato da un cantato.  Per noi la voce può essere tanto caratteristica quanto gli strumenti, ma deve convincerci appieno e soprattutto essere spontanea, in questo senso l’esempio lampante di ciò che più ci ha soddisfatti è stata la collaborazione con Welles (il nick del vocalist del disco di debutto) sul nostro primo album  “TGS”.

In “Delay Jesus”, ma ancor meglio in “The Ivy” compare un brano lungo che occupa un’intera facciata. State proseguendo il modus operandi classico della tarda psichedelia che abbiamo già citato, ma anche e soprattutto del periodo d’oro del rock progressivo. Come vi ponete nei confronti del prog?
M.: In realtà nell’ultimo periodo non stiamo ascoltando tantissimo prog e forse non lo abbiamo mai fatto. Siamo grandi fan dei King Crimson ma forse i gruppi a cui ci piace far riferimento in quell’ambito sono quelli nostrani, cito gli Area, il Balletto di Bronzo, il Banco del Mutuo Soccorso, gli Osanna etc..

Angelo, i tuoi progetti solisti: Billy Torello e specialmente Lucifer Big Band. Pensi che i Great Saunites li influenzino in qualche modo? O forse sono proprio una sintesi di questi tuoi progetti solisti?
Angelo: Non credo esista un filo conduttore fra Great Saunites e i miei altri progetti musicali. Quando sono Billy Torello esprimo un legame forte con un altro strumento che non è la batteria, mentre la Lucifer Big Band è un progetto d’improvvisazione elettronica che ha poco in comune con le sonorità dei Saunites se non per una certa influenza kraut compenetrante in entrambe le band. Mi piace pensare a tre individui diversi scaturiti da un’unica complessa personalità.

In tutti e tre gli album il vostro suono è delineato da basso e batteria, anche se non mancano di certo nuovi suoni (acustici piuttosto che pienamente elettronici). Avete mai pensato di allargare ad altri musicisti la vostra formazione?
Marcello: Assolutamente ci abbiamo pensato, però finora è sempre prevalsa l’idea che la formazione a due fosse perfetta. La nostra intenzione è di mantenere il basso e la batteria preponderanti nei Saunites, ma un terzo elemento potrebbe indubbiamente aiutarci a sviluppare certe idee che abbiamo avuto in studio, e che per forza di cose abbiamo potuto solo in parte riprendere dal vivo. In questo senso l’uso di loop e audio samples ci è stato di grosso aiuto finora.

La nuova distribuzione della musica via Bandcamp. Praticamente la vostra intera discografia è disponibile via download digitale (ma “The Ivy” è stato edito prima di tutto in un ottimo vinile, quindi non rinnegate di certo le origini della riproduzione fonografica). E’ una sorta di atto di piena fiducia verso la distribuzione del futuro?
M.: Hai detto bene, tutti i nostri album sono disponibili via download. Non rinneghiamo di certo il supporto musicale ma nello stesso tempo siamo favorevoli a ogni forma di distribuzione alternativa della musica, purché ciò consenta alle band e alle etichette di veder ripagati i propri sforzi, che non sono mai marginali.

Cerchiamo di trovare una morale della favola. Attraverso un patchwork di stili del passato e una rivivificazione della psichedelia, la vostra estetica è piuttosto di confine. Un confine non solo stilistico ma anche - coerentemente - di stilizzazione ed essenzialità di suono. Ti ci ritrovi?
M.: Direi di si! L’aspetto minimale e il territorio di confine su cui si staglia la nostra musica sono innegabili. Posto che credo sia impossibile creare qualcosa che si possa definire nuovo in ambito musicale, il tentativo di riproporre in maniera personale un qualcosa che inevitabilmente si è assimilato con ripetuti e appassionati ascolti, è ciò che di più dignitoso un musicista può ambire a realizzare.

Un grosso grazie da parte della redazione, a risentirci!

http://www.ondarock.it/interviste/greatsaunites.htm 


lunedì 5 agosto 2013

Recensione "The IvY" su FRITTOMISTO

a cura di Tonio Troiani


Con miserevole ritardo vorrei spendere qualche parola su The Ivy, disco del duo lodigiano The Great Saunites, composto da Angelo Bignamini, aka Leonard Kandur Layola  e Atros, rispettivamente alla batteria e al basso, e prodotto da una folta cordata di etichette (Bloody Sound Fucktory, HysM?, Lemming Records, Il Verso del Cinghiale Records, Neon Paralleli, Terracava, Villa Inferno Records).

La proposta del duo evita ampiamente la stagnante moda matematizzante e nevrotica per inerpicarsi, invece, in un percorso in cui la vena più mistica e sognate della psichedelia si innerva su ritmiche serrate di chiara derivazione teutonica. Segno inequivocabile è il basso liquido e, nel contempo, epico di Medjugorje supportato da un pattern dritto e schiacciasassi.

I bozzetti acustici ed ambientali di Bottles&Ornaments e Ocean Raves servono quasi a stemperare gli animi: un commiato e una preparazione al rituale di The Ivy, lunga suite/improvvisazione a cui è dedicato il secondo lato del vinile (che vi consiglio di comprare, o se vi capita di toccare, visto la cura profusa nel packaging).

A questo punto, potrei dirvi molto placidamente di ascoltare il Lato B del disco e, quindi, non perdere tempo e forze nel descrivere quello che avviene nei quasi venti minuti che compongono The Ivy. Tuttavia, c’è una vena “narrativa” che permette di parlarne come di un racconto. Infatti, quello che la caratterizza è la tensione cumulativa di eventi sonori, da una parte ammantati di una componente cinematica (con alcuni riferimenti agli Earth meno rarefatti), dall’altra di una sorprendente vivacità quasi dadaista che mischia sapientemente derive rumoristiche e marce per organo e percussioni (uno Zomes meno ieratico e più scanzonato, quasi un Wyatt ubriaco che cerca di suonare la prima sezione di Moon in June), sino al finale arido e polveroso consegnato ad atmosfere acustiche e accecanti.

Una prova interessante nella sua natura doppia: con un occhio perennemente al passato, sorta di bignami sonoro, e l’altro proiettato nel corpo della scena «occult» italiota, sobillatrice – speriamo – di una nuova rinascita.

[Voto=> 7]

lunedì 1 luglio 2013

Recensione "The IvY" su ARISTOCRAZIA WEBZINE

a cura di Dope Fiend


Quarta occasione per Aristocrazia di ospitare i The Great Saunites, duo lodigiano che era già comparso sulle nostre pagine con "Tgs", Delay Jesus '68 e lo split realizzato insieme ai Lucifer Big Band; ora, siamo qui pronti ad accogliere il nuovo parto di Leonard Kandur Layola e Atros, "The Ivy".

Il primo passo di questa neonata creatura musicale viene mosso grazie a "Cassandra", un'interessantissima commistione tra un andamento Hard Rock tipico del decennio settantiano, retrogusti desertici e psichedelia acidissima. Veniamo immediatamente trasmigrati nelle profondità di un oceano fatto di colori riarsi e di suoni esalanti fumi lisergici; "Medjugorje" provvederà presto a condurci alla nostra destinazione definitiva, agli antipodi di un infinito cosmo onirico permeato dalla quintessenza di tutte le sensazioni contrastanti, soffocanti, liberatorie, inebrianti e trascendenti.

La nostra peregrinazione continua con "Bottles & Ornaments", un tentacolare e purissimo omaggio alla floydiana memoria di spazi astrali che potrebbe benissimo essere uscito dalla chitarra di Syd Barrett, mentre è con "Ocean Raves" che, grazie a una cullante essenzialità acustica dai contorni Folk / Blues, i nostri affaticati neuroni possono prendersi qualche istante di meritato riposo prima dell'assalto finale.

Il compito di chiudere i giochi è affidato alla title-track e non potevamo davvero sperare in un epilogo migliore: "The Ivy" è un mastodonte di venti minuti in cui liquidi umori lisergici si amalgamano senza soluzione di continuità a sensazioni tribali di cui è infoltito un tortuosissimo sentiero adornato altresì di incursioni di hammond, ipnotiche danze rituali di dilatazione psicofisica, cupi rumorismi, grevi cacofonie, arcaici isterismi deviati e disturbanti digressioni di ascetica contemplazione.

Siamo giunti al termine di questo lavoro: siamo stanchi e spogli, eppure allo stesso tempo rigenerati e impazienti di bagnarci nuovamente nell'acidità visionaria dei The Great Saunites. "The Ivy" è un'opera di piccole dimensioni fisiche, ma di enormi dimensioni mentali: è un gioiello evocativo come pochi, è l'apoteosi di un percorso intenso, è un ispirato spaccato di esplorazione sensoriale. Signori, "The Ivy" è un'uscita da non perdere per nulla al mondo, "The Ivy" è una purissima dimostrazione di Arte!


http://aristocraziawebzine.blogspot.it/2013/07/the-great-saunites-ivy.html 

sabato 22 giugno 2013

Recensione "The IvY" su KATHODIK

a cura di Damiano Gerli


Neanche il tempo di riprenderci da quella botta tremenda che era 'Delay Jesus '68', che ritornano i grandi sanniti (sì, ho inventato la traduzione, magari c'ho preso) da Lodi con rabbia, con questo LP di cinque pezzi per le nostre orecchie bisognose.
Dopo la piccola intro di Cassandra, l'lp entra nel vivo con gli otto minuti di Medjugorje dove un "walking" bass impazzito svirgola qui e lì, mentre tastiere e batteria lo sorreggono con gran sapienza, psichedelia razionale e intrigante, proprio come ci hanno abituato i due.
Bottles & Ornaments sembra davvero un outtake delle sessioni che hanno dato vita a 'More' dei Pink Floyd (ve lo ricordate? no? poco male), mentre addirittura con Ocean Raves i nostri sfoderano bravura acustica che davvero non avremmo pensato di riconoscergli... caspiterina!
Si chiude con i venti minuti della title track, divisa in tre movimenti, organo e basso che si inquinano a vicenda in una ragnatela di suoni labirintini e si finisce in una jam quasi progressive che avrebbe fatto invidia agli Iron Butterfly più fumati.
Insomma, son stato qui a cercare di dare ai lettori vaga impressione del fatto che 'The Ivy' è un altro prelibatissimo piatto, offerto da un gruppo che pare proprio azzeccarci sempre. Sbalordisce come un genere di nicchia come l'acid/psych/noise rock strumentale, riesca a essere interpretato con così ampio respiro da sembrare continuamente nuovo e intrigante. Gloria a voi, ragazzi.

http://www.kathodik.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=5380

mercoledì 12 giugno 2013

Recensione "The IvY" su SON OF MARKETING

a cura di Mario Esposito


I The Great Saunites arrivano dall’entroterra lombardo, Lodi per la precisione, e sono un duo strumentale composto da Leonard Kandur Layola (batteria, effetti, chitarre, tastiere) e Atros (basso, tastiere, chitarre e voci). Nello scorso mese di marzo è uscito il loro ultimo lavoro, l’ep The Ivy, composto da cinque tracce che si muovono nei meandri della psichedelia più cupa e rumorosa, in quello che può essere definito un acido e sperimentale viaggio sonoro.
Un po’ dediti al kraut-rock, un po’ all’acid-folk o al noise, che dir si voglia, il suono dei The Great Saunites è un mostro granitico che solo in qualche passaggio (“Ocean raves”, “Bottles & Ornaments”) placa il proprio spirito altrimenti assetato di insistenti spinte percussive (i loop di “Cassandra” e “Medjugorje”) e portato all’estremo nella lunghissima cavalcata della title-track, quasi venti minuti di deliri ossessivo-compulsivi che si spingono verso lidi avanguardisti.
Un album di sicuro lontano dall’easy-listening, complesso e articolato nelle sue molteplici forme, ma dall’incredibile impatto umorale: un piccolo gioiello da non lasciar passare inosservato.


The Great Saunites arrivano
I The Great Saunites arrivano dall’entroterra lombardo, Lodi per la precisione, e sono un duo strumentale composto da Leonard Kandur Layola (batteria, effetti, chitarre, tastiere) e Atros (basso, tastiere, chitarre e voci). Nello scorso mese di marzo è uscito il loro ultimo lavoro, l’ep The Ivy, composto da cinque tracce che si muovono nei meandri della psichedelia più cupa e rumorosa, in quello che può essere definito un acido e sperimentale viaggio sonoro.
Un po’ dediti al kraut-rock, un po’ all’acid-folk o al noise, che dir si voglia, il suono dei The Great Saunites è un mostro granitico che solo in qualche passaggio (“Ocean raves”, “Bottles & Ornaments”) placa il proprio spirito altrimenti assetato di insistenti spinte percussive (i loop di “Cassandra” e “Medjugorje”) e portato all’estremo nella lunghissima cavalcata della title-track, quasi venti minuti di deliri ossessivo-compulsivi che si spingono verso lidi avanguardisti.
Un album di sicuro lontano dall’easy-listening, complesso e articolato nelle sue molteplici forme, ma dall’incredibile impatto umorale: un piccolo gioiello da non lasciar passare inosservato.
- See more at: http://www.sonofmarketing.it/missing-tracks-hot-fetish-divas-sillyboy-the-great-saunites/#sthash.2qjBQu4E.dpuf
I The Great Saunites arrivano dall’entroterra lombardo, Lodi per la precisione, e sono un duo strumentale composto da Leonard Kandur Layola (batteria, effetti, chitarre, tastiere) e Atros (basso, tastiere, chitarre e voci). Nello scorso mese di marzo è uscito il loro ultimo lavoro, l’ep The Ivy, composto da cinque tracce che si muovono nei meandri della psichedelia più cupa e rumorosa, in quello che può essere definito un acido e sperimentale viaggio sonoro.
Un po’ dediti al kraut-rock, un po’ all’acid-folk o al noise, che dir si voglia, il suono dei The Great Saunites è un mostro granitico che solo in qualche passaggio (“Ocean raves”, “Bottles & Ornaments”) placa il proprio spirito altrimenti assetato di insistenti spinte percussive (i loop di “Cassandra” e “Medjugorje”) e portato all’estremo nella lunghissima cavalcata della title-track, quasi venti minuti di deliri ossessivo-compulsivi che si spingono verso lidi avanguardisti.
Un album di sicuro lontano dall’easy-listening, complesso e articolato nelle sue molteplici forme, ma dall’incredibile impatto umorale: un piccolo gioiello da non lasciar passare inosservato.
- See more at: http://www.sonofmarketing.it/missing-tracks-hot-fetish-divas-sillyboy-the-great-saunites/#sthash.2qjBQu4E.dpuf
I The Great Saunites arrivano dall’entroterra lombardo, Lodi per la precisione, e sono un duo strumentale composto da Leonard Kandur Layola (batteria, effetti, chitarre, tastiere) e Atros (basso, tastiere, chitarre e voci). Nello scorso mese di marzo è uscito il loro ultimo lavoro, l’ep The Ivy, composto da cinque tracce che si muovono nei meandri della psichedelia più cupa e rumorosa, in quello che può essere definito un acido e sperimentale viaggio sonoro.
Un po’ dediti al kraut-rock, un po’ all’acid-folk o al noise, che dir si voglia, il suono dei The Great Saunites è un mostro granitico che solo in qualche passaggio (“Ocean raves”, “Bottles & Ornaments”) placa il proprio spirito altrimenti assetato di insistenti spinte percussive (i loop di “Cassandra” e “Medjugorje”) e portato all’estremo nella lunghissima cavalcata della title-track, quasi venti minuti di deliri ossessivo-compulsivi che si spingono verso lidi avanguardisti.
Un album di sicuro lontano dall’easy-listening, complesso e articolato nelle sue molteplici forme, ma dall’incredibile impatto umorale: un piccolo gioiello da non lasciar passare inosservato.
- See more at: http://www.sonofmarketing.it/missing-tracks-hot-fetish-divas-sillyboy-the-great-saunites/#sthash.2qjBQu4E.dpuf

lunedì 10 giugno 2013

"The IvY" recensito su IYEZINE

a cura  di Stefano Cavanna


Quando ogni tanto, nello smazzare il materiale che ci arriva, mi imbatto in un disco che esula dai generi che meglio conosco, il problema maggiore è quello di aver poco da raccontare e soprattutto d’essere sprovvisto di adeguati termini di paragone.
Per fortuna questo lavoro dei The Great Saunites non mi ha lasciato affatto spiazzato benché sia apparentemente lontano dalle forme di doom che costituiscono il mio habitat naturale: The Ivy mostra infatti, tra le proprie caratteristiche, un volto psichedelico che omaggia in maniera competente il sound pinkfloydiano dei primi anni ’70, senza però tralasciare diverse pulsioni derivanti dallo stoner più opprimente, oltre a una sviluppata componente noise.
La breve opener Cassandra è un’assaggio del delirio sonoro costituito dalla successiva Medjugorje, otto minuti in grado di stordire ed affascinare allo stesso tempo, grazie ai suoi ritmi ossessivi e lisergici; Bottles & Ornaments appare invece come una sorta di citazione del trittico “Alan's Psychedelic Breakfast” che chiudeva il geniale (quanto ingiustamente sottostimato rispetto ad altri album più celebrati) “Atom Heart Mother”.
Ocean Raves regala qualche minuto di pace acustica prima che la scena venga occupata dalla lunghissima title –track, nella quale i The Great Saunites danno libero sfogo alla propria creatività amalgamando gli umori psichedelici con un sapiente utilizzo dell’elettronica; questi venti minuti sono emblematici dell’attitudine sperimentale e priva di alcuna linea di demarcazione dei due musicisti lombardi e, nonostante una durata indubbiamente impegnativa, la traccia scorre senza lasciare alcun sentore di noia.
Da segnalare, infine, che questo ep esce sotto l’egida di un pool di etichette (Bloody Sound Fucktory, Hypershape, HysM?, Il Verso del Cinghiale, Lemming, Neon Paralleli, Terracava, Villa Inferno) che si sono mosse per consentire a The Ivy di entrare meritoriamente a far parte della discografia degli ascoltatori dalle vedute più aperte.


http://www.iyezine.com/recensioni/2660-the-great-saunites---the-ivy.htm

domenica 9 giugno 2013

Recensione "The IvY" su BUSCADERO

 

                                                                  di Lino Brunetti

sabato 4 maggio 2013

Recensione "The IvY" su QUADRIPROJECT

di Quadriproject

I The Great Saunites sono un duo originario di Lodi che predilige l’ hard rock, i componenti sono Atros e Leonard rispettivamente basso tastiere e chitarra e batteria elettronica; nati nel 2008 hanno al loro attivo già parecchie uscite.

Il nuovo EP con cinque tracce dal titolo ” The Ivy “ è una ricca sperimentazione sonora, con puntate a generi diversi come:  kraut, folk, hard rock, ogni brano è un mix geniale,  all’avanguardia.
I brani sono totalmente differenti tra loro, ma uniti dalla perfezione esecutiva e dall’ unicità melodica, affiora la passione e il talento nel creare, assemblare, sperimentare e contrapporre con suoni e mezzi diversi che si stratificano e si espandono in un’eco sonoro esplicativo delle emozioni e del puro piacere della composizione; contrasti forti tra tratti acustici e entrate psichedeliche rendono interessante e coinvolgente l’album.
Delle cinque tracce di “The Ivy” quella che ho amato di più è la stessa che da il titolo all’album, ma tutti i brani hanno valore, da citare anche “Bottles Ornaments.”  Per chi ha voglia di immersioni sonore album consigliatissimo.

venerdì 19 aprile 2013

"The IvY" recensito su CLAP BANDS MAGAZINE

di Paolo Finocchiaro

Avevamo lasciato Atros (Bassi), componente anche degli X-Mary, e Lenny L. Kandur Layola (Tamburi), altresì Lucifer Big Band, con un ep registrato tra quattro mura di casa a Lodi, intitolato “TGS/Lucifer Big Band” (2012) e un interessante precedente “Delay Jesus ‘68” ep (2011): un titolo come dichiarazione d’intenti Can-iana, un tributo alla psichedelia in accezione più avant, un panzer immerso nelle nuvole, guardandole (Delay Jesus '68).

Comunque, come non detto, tornano i The Great Saunites con "The Ivy", e alla grande. Eccoli di nuovo qui, con massicce e introspettive visioni, tra ben amalgamati locomotori senza sosta di heavy psichedelia kraut rock e un afflato sognante; immersi in una nebbia di tastiere e organi, nei bassi filtrati al wah wah, in chitarre volanti e stratificate (la suite The Ivy), in pezzi pseudo folk un po' bucolici e un po' chimerici (Ocean Raves). Ci accingiamo a navigare in una trance estatica, a tratti monolitica, quasi cosmica. Gli Om più pestoni incontrano i Motorpsycho dalla fisionomia lisergica (Cassandra), i Pink Floyd direttamente da Shine You Crazy Diamond si coagulano con un certo stoner acido statunitense (Bottles&Ornaments).
L'album, prodotto collettivamente da un insieme di etichette fra le più audaci del territorio italico, registrato, mixato da Luca Ciffo (Fuzz Orchestra) e masterizzato da Riccardo Gamondi (Uochi Toki, La Morte), ci tramanda un' essenza sonora profonda, mistica ma che fa partire le proprie istanze (leggasi basso e batteria) da un pianeta tribale, magmatico, ma che dona il proprio estro in note a madonne pagane nell'iperuranio (Medjugorje). Una goduria per i nostri padiglioni auricolari. Un altro piacevolissimo pezzo da incorniciare nel già ampio e prospero movimento psichedelico italiano di questi ultimi anni. E grazie, si, grazie a queste opere (si potrebbero ri-citare i lavori de La Piramide di Sangue, In Zaire, Squadra Omega) che il sottobosco musicale ribolle di una forza mesmerica e ammaliante che fa ben sperare, per l'ennesima volta, l'orizzonte sonoro italiano. Voilà.



domenica 14 aprile 2013

"The IvY" recensito su ROCKON

di Vittorio Lannuti

Il duo di Lodi sposta l’attenzione su hard rock, kraut rock, avanguardia, folk e soprattutto psichedelia. In “The ivy”, composto da cinque brani per un totale di quasi trentotto minuti, convivono le varie anime del duo che parte con un omaggio ai Pink Floyd della metà degli anni ’70 (“Bottles&Ornamento”) e prosegue con la cavalcata hard rock in progress, dal vago sapore desert di “Cassandra”.
Straniante l’intrigante miscelazione tra funk e rock ipnotico di “Medjugoje”, nella quale il duo raggiunge territori non toccati neanche dai più frizzanti Rosolina Mar. Al folk è dedicata la scarna ed essenziale “Ocean raves”, mentre la title-track è un lunghissima cavalcata di quasi venti minuti nella quale il duo esprime tutto il suo scibile con cambi di registro stilistico e di ritmica, nella quale si passa dalla psichedelia all’afro, passando per momenti vibranti e ipnotici, hammond e percussioni, in una jam che riesce ad avere una strana ed interessante forma canzone.

http://www.rockon.it/recensioni/the-great-saunites-the-ivy/

"The IvY" recensito su IL MEGAFONO

di Francesco Montalto

Attenzione: il nuovo album dei Great Saunites è consigliato ad un pubblico di buongustai della musica. Tutti gli altri sono pregati di allontanarsi! Proprio così, perché con “The Ivy” siamo di fronte ad un album che non è il solito album, perché i Great Saunites non sono la solita band dal sound modaiolo. Si inseriscono di diritto tra i progetti musicali indipendenti di un livello superiore, di cui l’Italia è piena ma che, per evidenti ragioni commerciali, rimangono spesso di nicchia, nella nicchia dell’underground.
I Great Saunites ci avevano già abituato bene con i precedenti lavori ma “The Ivy” li supera tutti. Forse il loro punto più alto e punto di partenza per arrivare all’eccellenza; o forse no, ma non importa tanto. Questa band lodigiana ha creato davvero un piccolo capolavoro stilistico e musicale.
Una psichedelia strumentale degna di King Crimson, Pink Floyd, Can e Neu; e l’ossessivo e martellante groove dei Sabbath nel loro massimo splendore.
Non è certo un album per tutti, non è un disco che ti rimane semplicemente in mente, da poter canticchiare: è un disco che ti cattura nelle viscere, che ti trasporta in lisergiche e visionarie immagini. Una realtà parallela e impalpabile. Un rock dal sapore antico che per alcuni è sempre tremendamente attuale. Uno sperimentalismo quasi ossessivo e molto ispirato, che travalica gli orizzonti sonori attuali, sfacciatamente uniformati.
Le orecchie degli amanti di certa musica sono costantemente messe a dura prova oggi e l’unico modo per salvarle è rifugiarsi nel proprio “bunker”, rilassandole con vinili gelosamente custoditi. Bene, da oggi tutti loro potranno anche mettere la testa fuori di tanto in tanto e ascoltare i Great Saunites: verranno catapultati in uno spazio indefinito e fortemente vintage.



"The IvY" recensito su SODAPOP

di Emiliano Zanotti

Torna a farsi sentire, con un vinile in tiratura limitata, il duo lodigiano, di cui avemmo modo di parlare un paio di anni fa. La formula a due non cambia, ma stavolta si registra la presenza di un ospite (Luca Ciffo della Fuzz Orchestra, in un pezzo e nelle vesti di produttore) e una maggior varietà di strumenti rispetto al classico basso/batteria, cosa che influenza evidentemente la direzione musicale: anche se restiamo nell'ambito di un solido rock strumentale, il gruppo non si preoccupa di seguire alcuna tendenza e se ne esce con un disco dove la bassa lombarda e il Texas della Trance Syndicate si sovrappongono in un'immagine sfocata.
La partenza di Cassandra, velocità sostenuta su strade polverose, ci fa pensare che nulla sia cambiato dal precedente Delay Jesus '68 e ci inganna, perché questa volta i Great Saunites decidono di battere percorsi meno lineari e già Medjugorje, pur sfoggiando un suono solidamente noise, coi suoi synth che si stendono eterei sullo sfondo, dà un senso di spazialità alla Hawkwind (magari quelli rivisti in chiave più moderna nella tribute compilation su Neurot di tre anni fa) davvero inatteso. Da qui in poi è tutto uno mutare di scenari, fra chitarre gilmouriane che si stendono morbide su tappeti di filed recordings, voci e battiti irregolari (Bottles & Ornaments) e le delicatezze di Ocean Raves (invero il momento meno memorabile del disco). L'apice lo si raggiunge sul lato B, occupato da un unico brano diviso in vari movimenti, che consta di cavalcate epiche adornate da arpeggi riverberati e melodie incompiute, schianti nel caos dopo accelerazioni forsennate e addirittura un pezzo cantato (recitato, per essere più precisi) che mescola insieme dark/ folk alla Swans/Angels Of Light e svisate di chitarra e sintetizzatore in odore di jazz. Pur continuando a rifuggire la forma-canzone in The Ivy c'è meno aria di jam session: il gruppo mostra di voler provare a sperimentare nuovi linguaggi, anche a scapito della coesione delle varie parti. Ne esce un disco che sa volgere la disomogeneità  a proprio favore, mettendo in mostra diversi spunti interessanti, molti già ben a fuoco, altri che potrebbero venire sviluppati in futuro: c'è solo l'imbarazzo della scelta.

http://www.sodapop.it/rbrth/reviews/1739-great-saunites-the-ivy-neon-parallelihysmverso-del-cinghialevilla-infernoterra-cavalemming-2013.html

lunedì 1 aprile 2013

The IvY recensito su Ondarock

di Davide Tucci


Il trend dei sodalizi fra le nuove etichette dell'underground italiano neo-surf, neo-kraut, neo-psichedelia, neo-tutto (ben sei, nel caso specifico) continua a regalarci frutti geneticamente modificati che, se non propriamente salutari per lo stomaco e la peristalsi, costituiscono senza dubbio una mostruosa prelibatezza per l’orecchio e per le nostre sonnolenti onde cerebrali.

I lodigiani Great Saunites sono giunti alla loro quinta pubblicazione dopo l’omonimo esordio autoprodotto nel 2010, il sorprendente Ep “Delay Jesus ‘68” – uscito l’anno seguente – e due split-album, pubblicati nel 2012, con Canide e Lucifer Big Band, progetto trance-drone del batterista Angelo Bignamini.

Con "The Ivy", Atros e il suddetto Angelo (aka Leonard Kandur Layola), sicuramente più audaci degli Eternal Tapestry ma al contempo più accessibili degli Psychic Paramount, si spingono al di là delle ritmiche forsennate dei precedenti lavori, lasciandosi andare a impeti di hard-rock avanguardistico e cimentandosi perfino nel lancio di saette acid-folk che illuminano sentieri inesplorati in passato.
I vorticosi fiotti psych-surf della breve opening-track “Cassandra”, introducono la frenesia rituale di “Medjugorje”, brano già presente nel suddetto split con Lucifer Big Band, riproposto per l’occasione in versione "extended". Il diabolico wah-wah della chitarra di Atros asseconda visioni desertiche e miraggi inquietanti che si alternano al ritmo tachicardico della batteria di Layola. Le distese lunari, di memoria tardo-floydiana, evocate da “Bottles & Ornaments” si smaterializzano nel folk straniante, deliberatamente scarno e acido, di “Ocean Raves”.

La chiusura è affidata alla title track “The Ivy” che, proprio come la pianta in questione, si inerpica, interminabile e tortuosa, sulle colonne e sui muri dell'imponente santuario pagano della psichedelia occulta, in cui, affianco ai Saunites, si venerano feticci come i Cannibal Movie, gli In Zaire e gli Heroin In Tahiti. Lentamente, l’allucinazione si evolve in realtà.

http://www.ondarock.it/recensioni/2013_greatsaunites_theivy.htm

domenica 31 marzo 2013

"The IvY" recensito su Distorsioni


di Romina Baldoni

Una serie di elementi apparentemente inconciliabili convivono e si fondono ad effetto sorpresa in questo primo lavoro del duo The Great Saunites. Dopo il convincente EP di fine 2011 “Deley Jesus ‘68” (Hypershape Records/Il Verso del Cinghiale) e uno split con Lucifer Big Band i lodigiani Atros (basso) e Leonard Kandur Layola (batteria) provano ad aprire le porte ad una nuova ed interessante commistione sonora. Hanno un suono potente e granitico ed un piglio metal ma allo stesso tempo stemperano in una forma psichedelica che ha in sé rimandi roots ed esotici ed una sete sperimentale che si colloca in un tempo indefinito, dove influenze del passato e avanguardia futurista sono centrifugate da una personalissima rilettura arty. C’è un solo possibile paragone a tanto cromatismo eclettico che mi sovviene: i Can. Furono proprio i Can a miscelare il battito tribale, l’atmosfera mistica da cerimoniale e le folate di avvenirismo. The Great Saunites raccolgono le loro derive visionarie e fortemente distorte, impregnate di spleen nostalgici ed evasioni cosmiche, creando incroci fatali e legami di grande suggestione che sublimano profondità antropologica, psiche e metafisica. Acidi, occulti e metal frenetici.


Cassandra si apre  con un dialogo vorticoso e sincopato basso batteria caratterizzato da distorsioni e galoppate a propulsione motorik. Un incedere strutturato che si frastaglia in libere progressioni cariche di suggestione emotiva. La tensione si dilata in una specie di flashback visivo introdotto da nastri di cori che ci introducono al trambusto catatonico di Medjugorje. Un assalto sferragliante di basso ed echi sinistri di tastiere crea un muro sonoro fosco e denso su cui il contrappunto del ride e la metronomica, convulsa percussione, non fanno altro che distendere un velo glaciale di caligine che finisce di saturare l’atmosfera. Si raccoglie il fiato solo con l’ultima secca scansione finale. Bottles & Ornaments è la virata deviata e criptica in cui il disco cerca di allungare i propri tentacoli concettuali oltre che musicali. Rimasugli, frattaglie visive e sonore deformate e destrutturate filtrate dal sibilo lugubre ed evocativo di una chitarra floydiana. Poi c’è il folk blues arpeggiato di Ocean Raves che finisce di tessere in groviglio umbratile esistenziale dei pensieri in libero fluire. Un catartico momento di raccoglimento che apre la strada allo sviluppo poliforme dell’edera.


The Ivy è la cavalcata incontenibile che unisce la forza viscerale delle radici alla fobia dell’ignoto in un viaggio di astrattismi e concretismi che racchiudono esplorazione, ricerca, metamorfosi, perdizione e ascesi psichica. Penso all’edera ma penso anche allo snodarsi del sistema linfatico e circolatorio nel corpo umano, qualcosa di molto più viscerale. La suite, di ben venti minuti, si sviluppa in tre momenti assai diversi tra loro, partendo da una serie di flanger che evocano l’idea di dilatazione, di insidioso propagarsi, sostenuti da un basso cupissimo a dal ritmo incessante della batteria che sembra un richiamo propiziatorio. Si cade in una specie di trance da iterazione fino a che la struttura finisce per sgretolarsi completamente e lasciare spazio ad una serie di interferenze e feedback urticanti, a questo punto subentra un growl oscuro e si piomba in un silenzio straniante. La terza fase è invece l’apoteosi del libero deragliamento di pura improvvisazione psichedelica. Tastiere nevrotiche, rumorismi, cacofonie. L’Autobahn dei Kraftwerk piombata in un caos di isterismo deviato e claustrofobico, la fluidità più primitiva. Poi un finale in acustico che mi fa pensare agli Angels of Light. Magistrale il lavoro di Luca Ciffo alla registrazione e al mixaggio, la masterizzazione di Rico Gamondi. 

venerdì 22 marzo 2013

"The IvY" recensito su The New Noise


di Maurizio Inchingoli


Interessante questo nuovo lavoro dei lodigiani The Great Saunites. Sono in due, Atros, tra l’altro bassista degli X-Mary, e Leonard (Lucifer Big Band) alla batteria, e con questo The Ivy provano a fare il salto di qualità, anche grazie all’aiuto della solita pletora di etichette, che li supporta pubblicandoli in formato lp.

Loro sono l’ennesima dimostrazione di come l’underground italiano sia vivo e scalpiti da tempo insieme a noi (in cabina di regia, tra l’altro, c’è Luca Ciffo della Fuzz Orchestra): colpisce infatti la loro capacità di architettare pezzi praticamente strumentali con una scioltezza impressionante. “Medjugorje” scalcia con feedback violenti e lontano ricordo cinematico che colpisce in faccia (potrebbe suonare all’infinito e senza cedimenti di sorta). I nastri al contrario e la vena floydiana di “Bottles & Ornaments” fanno da utile ponte per la traccia successiva, la prova acustica di “Ocean Raves”, davvero riuscita: in pratica, una sorta di blues del delta suonato magari pensando alle rive dell’Adda invece che alle paludi della Florida. Perniciose suggestioni a parte, il pezzo ha il suo perché e dimostra quanto i ragazzi amino rendere eterogenea una proposta che ai nastri di partenza viene presentata come rock dal sapore metallico e kraut. Non a caso l’apoteosi delle finale title-track conferma la loro principale missione, cioè miscelare quei passaggi a distese lisergiche spiazzanti: allora vai di tastiere, effettistica varia, batteria pestona e bassi slabbrati, quasi venti minuti di febbrile tempesta sonica che stordisce i malcapitati (menzione speciale per la parte centrale del pezzo, con quei deliri free che seducono) e confonde ulteriormente le carte in tavola, facendoci pensare come i due stiano tentando di fuggire a gambe levate da ipotetiche tentazioni “avant”. Bravi, li aspettiamo quanto prima al varco della prova live.

giovedì 21 marzo 2013

"The IVy" recensito su Terapie Musicali


The Great Saunites è Atros e Leonard Kandur Layola. Essenzialmente al basso; essenzialmente ai tamburi. Suonano insieme dal 2008 e fino ad ora hanno trovato tempo, modo e spazi per registrare due album, uno split condiviso con i più violenti Canide e un ep in parte anticipatore di questo terzo parto discografico realizzato a stretto contatto con la Lucifer Big Band (entità sonora parallela dello stesso Layola, al secolo Angelo Bignamini nonché factotum del progetto). Di certo una band a cui non piace stare con le mani in mano e che ha saputo destare l'attenzione di molti addetti ai lavori se per il nuovo album, rigorosamente in vinile limitato a 300 esemplari, ma con la possibilità di un download digitale per i suoi possessori, si sono mosse con celerità un manipolo di etichette specializzate nel supporto di realtà e suoni alternativi come il post rock contaminato proposto dal duo lodigiano. Mai Atros e Layola si erano espressi su minutaggi così brevi come accade nell'iniziale Cassandra, inattesa corsa verso l'ignoto puntellata da una chitarra impertinente e caratterizzata da suoni monchi di tastiera; mai avevano trovato spazio sui loro lavori atmosfere così eteree e rilassate, quasipinkfloydiane, come la psichedelica Bottles & Ornaments  mette bene in evidenza. Eppure ciò che va sottolineato è la totale libertà d'espressione pienamente compiuta e non più riconducibile ad un solo genere musicale. L'arpeggio continuato di Ocean Ravesè lì a dimostrarlo: brano sostanzialmente di cantautorato folk, la quarta traccia dell'lp disegna scenari sconosciuti ai sostenitori della prima ora, ma consente una fruibilità maggiore a chi vorrà ascoltare; anomalo cavallo di Troia a ridosso della facciata B occupata dall'unico, entusiasmante, pachidermico brano che dà il titolo all'album. The Ivy è il nuovo corso. O forse solo l'intuizione folgorante di un momento ben preciso all'interno della parabola discografica del duo. Oltre 19 minuti di straniante sospensione che rappresentano un viaggio della mente personalissimo, ombroso e vibrante; non privo di imperfezioni, ma, proprio in virtù di ciò, policromo e cangiante. Una jam session che poco per volta, minuto dopo minuto, visita ambienti sonori differenti sollecitando per tentativi suggestioni a cavallo tra il post rock e le derive dell'avanguardia sperimentale. Le sorprese continuano e terminano con la già nota Medjugorje, abrasiva cavalcata spaziale presente in altra versione sul precedente ep e ora riadattata alle esigenze performative dell'Anno Domini 2013. Anche in questo modo dunque THE IVY compendia le nuove istanze al recente passato, conservandolo e al tempo stesso superandolo per progressione; è disco umorale, coriaceo e ciclico. Rampicante. Proprio come l'edera.

http://terapiemusicali.blogspot.it/2013/02/the-ivy-great-saunites-have-you-said.html

domenica 10 febbraio 2013

venerdì 18 gennaio 2013

Recensione e streaming dello Split TGS/CANIDE su "ROCKIT"

di Michele Montagano


Un 12", due lati e nove pezzi. Il sodalizio artistico tra Canide e The Great Saunites è un viaggio a testa bassa attraverso le incompromissorie abrasioni e violenze uditive degli anni novanta più storti e marciscenti. Se da un lato il quartetto Canide mastica e rielaba con discreta irruenza ed un certo tiro (su tutte "I Rape You" e "Murder Corporate") il math rock e post-core di casa Touch & Go (Shellac e Jesus Lizard in primis), unendo le suggestioni del tempo ad un'aperta vena hard -rock,  il duo basso e batteria The Great Saunites dà forte prova di sè in un sabba di oscura e marziale psichedelia ("Santa Ertna", "Thans Human Express") alternata a convulsioni noise in bilico tra math-post rock e sperimentazione straniante  ("Untitled whit Gain", "Kitsune").
Uno split tra due band molto diverse tra loro ma che in comune traggono linfa vitale da quel destrutturare e tingere di bile le pareti uditive dell'animo di cui tanto si seppe dar prova dalla fine degli anni'80 alla prima metà dei nineties. Ascolto decisamentte consigliato agli amanti del rock Albiniano anche se, per chi scrive, i Great Saunites hanno nel complesso una marcia in più ed una personalità maggiormente in evidenza.


http://www.rockit.it/recensione/20404/canidethe-great-saunites-cinghiale-17-split