giovedì 14 aprile 2016

Recensione NERO su KATHODIK

di Damiano Gerli

Ritornano i nostri carissimi amici lombardi The Great Saunites, ormai consolidata realtà del buon rock strumentale italiano e da me già apprezzati in passato più e più volte.
Con questo nuovo lavoro, 'Nero' come la pece, sembrano essere alla ricerca di un qualche tipo di convivenza, giustamente dico io, tra le loro anime, quella sperimentale e quella strettamente muscolare. Il risultato sono tre lunghi pezzi molto più tenuti a freno rispetto a quanto ci avevano fatto ascoltare in passato, con l'iniziale title track che vorrebbe spaziare sull'intero panorama sonoro dei lodigiani.
Il risultato è discreto, a tratti un po' incostante nella ripetizione iniziale di farfugliamenti di sintetizzatore e ansiose avanzate di basso sottolineate dal solito ottimo lavoro ai tamburi, spegnendosi poi dopo un quarto d'ora in un finale etereo: un viaggio interessante ma che sembra difettare di qualche guizzo muscolare che tenga il passo con quello a cui ci hanno abituato negli scorsi lavori.
Meglio Lusitania, iniziando subito con un maltrattamento ritmico da far invidia ai bei tempi di Nick Mason, Marcello e Angelo tengono alta la tensione con un avanzamento sornione che sembra voler presagire uno sfogo completo. I due la tirano avanti per una decina di minuti, riuscendo con maggior successo nel ricreare sostanzialmente lo stesso scheletro della title track.
Chiudiamo con i sei minuti de Il Quarto Occhio, che si riaggancia in maniera circolare all'inizio senza però aggiungere molto a quanto già detto in precedenza con i vari riff di basso, gorgoglii elettronici e batteria.
Tre lunghi pezzi che scivolano via un po' troppo velocemente, senza, purtroppo, lasciare profondi segni. E' chiaro che i due stanno tentando di sperimentare e muoversi oltre, ma per ora 'Nero' non sembra la risposta che mi sarei aspettato.

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